Diagnostica Flebologica
Diagnostica Flebologica
Diagnostica Flebologica
Il sistema venoso è estremamente complesso, pertanto molto più difficile da esaminare rispetto al sistema arterioso. Le variabilità anatomiche sono una costante di cui bisogna sempre tener conto. Oggigiorno basarsi solo sull’esame clinico, ispettivo, è non solo insufficiente ma addirittura scorretto perché potrebbe far formulare una diagnosi inesatta, o addirittura errata, con conseguenze negative dal punto di vista terapeutico. Oltre ad avere una approfondita conoscenza dell’anatomia e della fisio-patologia del sistema venoso, arterioso e linfatico occorre saper utilizzare al meglio ciò che la tecnologia ci ha messo a disposizione, l’ecocolordoppler. Il problema sta nel fatto che troppe figure cliniche si occupano di diagnostica flebologica pur non avendo adeguata competenza. A seguito di una richiesta di esame ecodoppler da parte del medico di famiglia possiamo essere indirizzati in un reparto di chirurgia generale o di chirurgia vascolare oppure di cardiologia, radiologia, medicina interna dando per scontato che tutti abbiano la stessa competenza in ambito flebologico. Oltretutto il tempo che viene messo a disposizione per ogni singolo esame è esiguo e non permetterebbe, nemmeno con le adeguate competenze, di effettuare al meglio una precisa diagnosi.
L’esame ecocolordoppler venoso può essere di 3 livelli:
1° livello- indirizzata essenzialmente alla evidenziazione di eventuali trombosi venose, superficiali o profonde. Il paziente può essere esaminato sia in posizione clinostatica ( sdraiato ) che in ortostasi. Nella prima posizione non è possibile testare la competenza valvolare di vene importanti come le safene.
2° livello- deve essere rigorosamente effettuato in ortostatismo, cioè con paziente in piedi. Serve per testare la competenza valvolare dei distretti safenici. Si utilizza il test di compressione/rilasciamento e la manovra di Valsalva. Indispensabile per individuare in modo preciso la sede del reflusso soprattutto in un’ottica terapeutica ablativa, cioè indirizzata all’eliminazione delle vene, come lo stripping, il laser o radiofrequenza e la scleroterapia tradizionale. Necessita di una adeguata conoscenza dell’anatomia e della fisio-patologia del sistema venoso.
3° livello- ovvero lo studio emodinamico, riservato esclusivamente a chi effettua interventi emodinamici e conservativi, come la CHIVA e l’ESEC. Necessita di competenze superiori nell’ambito dell’emodinamica, quindi è riservato a pochi flebologi. Si valuta la tipologia dei reflussi e dei deflussi, si testa l’apparato valvolare, in particolar modo a livello delle giunzioni safeniche con il sistema venoso profondo e a livello della vena perforanti. Si utilizzano test statici e dinamici. È indispensabile per stabilire la strategia terapeutica.
Purtroppo l’esame maggiormente effettuato, anche in ottica interventistica, è di 1° livello perché le figure cliniche che si interessano di diagnostica sono troppo varie, culturalmente diverse e spesso con una preparazione flebologica inadeguata, basti pensare che oltre alle figure professionali sopra elencate vanno aggiunte quelle dell’angiologo, del medico di famiglia, del dermatologo e del medico estetico. Praticamente qualsiasi medico può alzarsi una mattina e dire: da oggi voglio fare il Flebologo. Purtroppo non esiste una specializzazione universitaria in Flebologia e tutti si sentono in grado di farla, basta fare un brevissimo corso privato. Per fortuna la SIF (Società Italiana di Flebologia ) ha intrapreso un percorso formativo riservato ai suoi membri con la creazione della “SCUOLA ITALIANA DI FLEBOLOGIA” che è composta di corsi regionali, congressi, corsi FAD (a distanza, on line ), di corsi universitari di perfezionamento in Flebologia come quello di Napoli e sopratutto l’ATELIER FLEBOLOGICO di Livorno. Per definirsi “FLEBOLOGO” in futuro bisognerà avere seguito buona parte di questi corsi per acquisire i crediti annuali necessari.
